Press

In questo articolo dipaneremo una matassa spinosa, incompresa, sottovalutata, criticata.
La press. 
La press, come il toproll e il gancio, ha un folto sottobosco di varianti, proviamo a fare un po’ di ordine! 
Innanzitutto occorre distinguere tra una press in apertura di match, e una press in chiusura di match. La prima è decisamente più standardizzabile, la seconda, proprio per la sua natura di asso nella manica (o mossa della disperazione) varia a seconda della
situazione. 
La press in apertura di match vede un setup in cui si vuole posizionare la mano più in alto possibile (utile a questo scopo sono forti deviatori radiali ), possibilmente lasciando spazio tra il proprio palmo e il dorso della mano avversaria, prevalentemente a livello del
mignolo. 
Una volta pronunciato il ready go! Da parte dell’arbitro, l’atleta che sceglie questa tecnica deve ruotare più velocemente possibile le spalle verso il pin pad (muscoli coinvolti: per motivi di brevità “i muscoli della cuffia dei rotatori”, il gran pettorale e il gran dorsale), contemporaneamente supinando (muscolo breve supinatore, bicipite), e applicando pressione tramite la deviazione ulnare, la
flessione del carpo e delle dita (particolare importanza i muscoli dell’eminenza ipotenare, ovvero i flessori del mignolo e i flessori palmari brevi ). 
Ci si troverà quindi in una posizione in cui si sovrasta il braccio avversario, in caso in cui la flessione del polso, e la deviazione ulnare dell’atleta che pressa siano superiori alla pronazione dell’avversario si otterrà anche controllo totale di mano, che renderà più
facile isolare i flessori del gomito (bicipite brachiale, brachiale, brachioradiale, coracobrachiale).
La pressione del corpo dell’atleta che sta eseguendo questa tecnica viene trasmessa alla mano tramite un “blocco muscolare”, che si forma grazie a una massima contrazione dei flessori del gomito, che, tramite il loro irrigidimento acquistano consistenza. Tale
“durezza” muscolare è ciò che impedisce all’angolo mano-spalla di chiudersi. Ne consegue che è possibile applicare forza in questa posizione, solo in funzione di quanta quest’angolo ne riesca a supportare (per comprendere al meglio questo concetto consiglio questo semplice esperimento: prendere un qualsiasi oggetto di materiale non comprimibile, posizionarlo tra avambraccio e bicipite, osservare come l’oggetto scelto impedisca la chiusura dell’angolo mano-spalla). 

Fondamentali per questa tecnica sono gli stabilizzatori del gomito (divisi in statici: legamento collaterale Mediale, legamento collaterale Laterale, legamento anulare, membrana interossea….e in dinamici: tricipite brachiale, anconeo e i già menzionati
flessori del gomito ); gli stabilizzatori della spalla ( tricipite brachiale, gran dorsale, gran pettorale…); i pronatori (pronatore rotondo, quadrato, brachioradiale) in quanto se venisse a mancare la pronazione non sarebbe più possibile esercitare forza lungo il vettore spalla-mano, che richiede una posizione neutra o prona, e si andrebbe invece a scaricare unicamente in torsione dell’omero e stress articolatorio. 
Da una posizione di press ideale si esprime circa il doppio della forza che si è in grado di esercitare tramite la flessione del gomito, risulta quindi ovvio che la parte più difficile di questa tecnica sia riuscire a portarsi nella posizione di attivazione, più che l’effettivo atto di pressare. 
Ne consegue che la maniera migliore per contrastare questa tecnica è impedire l’accesso all’angolo mano-spalla, bloccando sul nascere l’intra-rotazione delle spalle, la pronazione necessaria a compiere la press, e disallineando la mano, portandola più in fuori possibile in senso laterale e posteriore rispetto alla spalla avversaria. 
“Toprollare” la mano non rappresenta una risposta definitiva in quanto anche senza flessione del carpo è possibile pressare in maniera molto efficiente (il punto di applicazione della forza nella press è in prossimità del polso per ridurre al più possibile la
leva ), per quanto sia comunque una posizione migliore rispetto a subire una press da supini. 


Alcune varianti che non tratteremo in profondità sono la press “spinta” in cui si predilige una spinta del gomito in laterale ( verso il pad) in modo da facilitare il pin. Questa variante espone la struttura del gomito a uno stress superiore rispetto alla press di “rotazione”, ma rende più difficile all’avversario mantenere una posizione regolare, spesso portandolo a fare fallo di gomito. 


La press in chiusura di match. La press in chiusura di match non è standardizzabile in quanto dipendente dalla posizione (spesso compromessa) raggiunta nel momento in cui si sceglie di concludere il pin tramite questa tecnica. 
I muscoli richiesti sono gli stessi della press in apertura di match, ma è possibile un pin prima che la tecnica sia completa grazie all’elevata pressione laterale (che ne aumenta anche la pericolosità). 


La flop press. Questa variante trascura volontariamente la flessione del carpo, la deviazione ulnare e il controllo di dita in cambio di maggiore forza espressa ( grazie alla leva ridotta ). È possibile eseguire questa variante quasi esclusivamente con le straps. 
Come allenare la press? Oltre ad un’ovvia pratica al tavolo, dare spazio alla muscolatura della spalla è un ottimo inizio. Contrariamente a quanto generalmente (ed erroneamente) pensato, non c’è una diretta correlazione tra la forza in estensione del
tricipite e la press, ma ciò non vuol dire che sia un muscolo da trascurare, vista la sua vitale importanza nella stabilizzazione del gomito, e i benefici di rinforzo articolatorio ottenibili grazie agli esercizi che lo coinvolgono (JM’s press, panca stretta, Skull
crushes). 
I maggiori benefici si otterranno con un allenamento volto a migliorare la velocità di esecuzione dello schema motorio, la prontezza di riflessi e la pronazione. 

Concludiamo ricordando l’importanza di un adeguato condizionamento (e abilità di rilassare completamente il braccio non appena si raggiunge una posizione compromessa), che rendono questa tecnica meno adatta ai principianti rispetto al toproll e al gancio.

Martino Doni
Autore

Martino Doni

SBFI Athlete; Medical Student; Personal trainer; Training Methodologist

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